Il Ju Jitsu

Jigoro Kano

Un po' di storia

La lotta senza armi è antica quanto l'uomo ed essa si codifica ai primi albori della civiltà. Anche se la prima scuola registrata in GIAPPONE è la TAKENOUCHI RYU del 1536 e se la parola JU JUTSU appare pressappoco nella stessa epoca, le scuole di combattimento senza armi prosperavano da tempi molto più antichi nel segreto delle grandi famiglie nobili e nelle roccaforti dei SAMURAI e venivano impiegati nomi come YAWARA, WA-JITSU, TORITE, KUMYUCHI, KOSHI-NO-MAWARI. Nel KOSHIRY, il secondo libro nipponico che conosciamo, commissionato dall'imperatrice GEMMI allo scrittore OPONO YASUMARU il 18 settembre 711, è descritto, tra il campione scelto dalla divinità AMATERASU (antenata del primo imperatore) e il guerriero ribelle TAKEMINAKATA NO KAMI, un duello che avviene senza armi. L'antico testo scintoista TAKANOGAVI racconta che uomini deificati di nome KASHIMA e KADORI, domarono una rivolta interna senza fare uso delle armi. Il NIHONSHOKI, cronaca del GIAPPONE, scritta nel 720 riferisce di un BUGEI CHIKARA KURABE ( combattimento-prova di forza) che vide vincere NOMI NOSUKUME, campione della corte contro TOMATETSU HAYATO e sono ben descritti gli atemi e le proiezioni impiegate. Nel periodo delle guerre civili prende piede il YOROI-KUMYUCHI, tecnica di combattimento con l'armatura e su terreno vario. Quello che conosciamo come ju jutsu antico si sviluppa grandemente sotto la pace dei TOKUGAWA dal 1600 in poi. Oggi si modifica ancora nel senso di auto difesa, adattandosi ai temi ed alle esigenze moderne. La lunga storia e la complessa tradizione dell'arte giapponese del combattimento si concretano in una varietà di forme, metodi ed armi, ognuno dei quali costituisce una specializzazione particolare di quest'arte. Ogni specializzazione è conosciuta a sua volta come "jutsu", una parola che può venire tradotta come "arte" o "tecnica" e che indica il modo o i modi particolari in cui vengano compiute certe azioni. Storicamente, ogni arte, o metodo, ha sviluppato certe procedure o modelli che si distinguono dalle procedure e dai modelli delle altre. Nel contesto dell'arte marziale giapponese, perciò, una specializzazione consiste di un metodo particolare e sistematico di usare un'arma specifica. Molto spesso, una specializzazione veniva identificata con il nome dell'arma usata dai suoi praticanti.

Un esempio di tale sistema di tale specializzazione può essere KEN JUTSU, cioè l'arte (jutsu) della spada (ken). Tuttavia, un metodo di combattimento poteva essere identificato anche dal modo particolare, funzionale di usare un'arma per conseguire la resa dell'avversario. Tra le specializzazioni dell'arte del combattimento a mani nude, per esempio, ju jutsu identifica l'arte "jutsu" dell'elasticità (ju), cioè l'arte di usare l'elasticità in un certo modo tecnico per sconfiggere un avversario. Spesso, una specializzazione principale di combattimento produceva delle sotto specializzazioni, molte delle quali, mediante un affinamento costante, miglioravano in effetti il metodo originale, al punto di surrogarlo interamente, diventando cosi specializzazioni indipendenti. In tal caso, la sotto specializzazione veniva generalmente identificata con il nome del suo elemento principale. Per esempio KEN JUTSU, l'arte delle spada, era ulteriormente raffinata in una specializzazione mortale conosciuta come iaijutsu, l'arte (jutsu) di sguainare (iai) la spada e di colpire simultaneamente; era inoltre la matrice di nito-kenjutsu, l'arte (jutsu) di schermare con due (nito) spade (ken).

JIGORO KANO

Infine, una specializzazione poteva essere identificata con il nome del maestro che aveva ideato un suo stile particolare di combattimento, o dal nome della scuola in cui tale stile veniva insegnato. Le specializzazioni dell'arte marziale giapponese che hanno un interesse particolare sono quelle che furono sviluppate e portate al grado più elevato di perfezione durante il periodo feudale della storia giapponese. Tale periodo abbraccia approssimativamente nove secoli, a partire dalla fine del nono e dall'inizio del decimo fino al decimo ottavo e, più esattamente, fino all'anno della restaurazione Meiji, quando l'età feudale fu proclamata ufficialmente chiusa. Il termine JU-JUTSU significa, letteralmente, tecnica o arte(jutsu) dell'agilità, della flessibilità, dell'elasticità, della gentilezza ( tutti significati dell'ideogramma ju).Tutti questi termini, tuttavia, rappresentano un principio singolo, un modo generale di applicare la tecnica, di usare il corpo umano come un'arma nel combattimento senz'armi. Secondo tale principio, si potrebbero applicare varie tecniche: e infatti ognuna delle tante scuole i cui nomi sono ancora oggi famosi interpretava tale principio in modo estremamente individuale e tecnicamente differenziato, un modo che ognuna di esse si sforzava mantenere rigorosamente segreto e che con il tempo divenne una caratteristica saliente di quella particolare scuola. Secondo certe autorità, l'arte comparve durante il secolo decimo sesto, e viene ricordata in testi che si occupano di arti marziali, come il Bugei Shogen e il Kempo Hisho. Il principio del JU è implicito in tutti i metodi classici del BUJUTSU e fu adottato anche dai padri delle discipline BUDO.

Agendo secondo il JU, il guerriero classico era in grado d intercettare e di controllare temporaneamente la lama del nemico che lo attaccava, e quindi di contrattaccare all'istante con una forza sufficientemente potente da fendere l'armatura e uccidere l'avversario. Lo stesso principio del JU consentiva, se disarmati, di far perdere l'equilibrio al nemico e proiettarlo a terra. Termini come JU JUTSU e YAWARA fecero del JU un principio universale, valido per tutti i metodi catalogati sotto queste parole. Il JU era radicato nel concetto di duttilità e flessibilità, ciò che si palesava in un contesto sia mentale che fisico. Per applicare il principio del JU, il praticante doveva essere in grado, mentalmente e fisicamente, di adattarsi a qualunque situazione potesse imporgli l'avversario. Si tratta di due aspetti del principio del JU costantemente attivi, intercambiabili e inseparabili. Il primo è quello del cedere ed è manifesto nell'azione del praticante che accetta la forza dell'attacco del nemico, invece di contrastarlo con una forza uguale o maggiore, quando ciò può rivelarsi proficuo. Accettare la forza del nemico intercettandola e parandola senza opporvisi direttamente è senza dubbio un atteggiamento economico in termini di energia. Ma la tecnica per mezzo della quale viene dissipata la forza del nemico può essere altrettanto vigorosa quanto l'azione originaria dell'avversario. A questo punto, però, il principio del JU è incompleto, giacché cedere non rappresenta che un neutralizzare la forza del nemico. Nel concedere spazio alla forza di attacco del nemico, occorre applicare immediatamente un azione che frutti l'avversario, occupato ad attaccare, sotto forma di un contrattacco. Questo secondo aspetto del principio del JU tiene conto di quelle situazioni in cui non è possibile cedere, giacche questo porterebbe al totale fallimento. In casi del genere, la "resistenza" rappresenta un atteggiamento giustificato, ma l'opposizione all'azione del nemico è solo temporanea e viene seguita immediatamente da un'altra azione fondata sul primo aspetto del JU, quello di "cedere". Non v'è ragione di sostenere che, nell'applicazione del JU, il primo aspetto vada seguito sempre per primo di fronte all'attacco del nemico. Il principio del JU, infatti, si basa sulla costante azione del cedere e del resistere, ed è proprio questo che conferisce ai metodi giapponesi di combattimento quella dinamicità che li caratterizza. Secondo Iso Mataemon, appartenente al TENJIN SHIN'YO RYU "L'impiego della potenza (forza fisica) nel jujitsu è assolutamente necessaria. Ma è solo quando tale potenza non viene utilizzata in eccesso, che supera la prova del principio del JU. Occorre rammentare, comunque, che vi è anche un altro aspetto dell'uso della potenza. Dalle prime fasi della crescita di un allievo nel jujitsu, questi non deve mai trascurare che fare assegnamento sulla forza fisica può rivelarsi sbagliato, in quanto ostacolerebbe i suoi progressi verso il conseguimento dell'abilità tecnica. Quando l'allievo avrà sviluppato una tecnica degna di credito, tuttavia, l'uso della potenza sarà bene accetto, nonché necessario per un'azione efficace contro l'avversario. In questo senso il JUJUTSU è "duttile" e "flessibile".